Speciale: i primi abitanti delle Valli Valdesi

Ciao!
Oggi voglio portarvi a spasso più nel tempo che nelle Valli e vorrei raccontarvi di un’Europa antica, così tanto da risalire al Neolitico e all’Età del Rame (ovvero, dal 6500 al 3500 a. C.), quando non esisteva ancora la scrittura e la maggior parte dei metalli non era conosciuta.
Sappiamo che in quel periodo le Valli Valdesi erano già abitate, o per lo meno frequentate, da un popolo antichissimo che ci ha lasciato leggende e soprattutto incisioni sulle rocce.

La Peira Eicrita di San Germano Chisone è un esempio del passato preistorico delle nostre vallate (anche se queste incisioni sono più recenti del periodo di cui vi sto parlando oggi).

Alcuni studiosi ritengono che a quel tempo esistessero città fiorenti molto distanti tra loro, situate in prossimità dei fiumi e senza fortificazioni perché era un periodo di grande pace. Gli artigiani eccellevano nella produzione della ceramica e la lavorazione dei metalli conosciuti (oro, argento e rame) era destinata a gioielli e oggetti religiosi.
La popolazione era probabilmente devota a un unica divinità femminile e la religione (intesa come rapporto con la natura) era al centro della vita quotidiana: il ciclo della vita, della morte e della rinascita erano celebrate nell’immagine della Dea, forza procreatrice.

La misteriosa Pansa d’la Roca di Cavour è un’incisione rupestre rivolta a oriente che sembra rappresentare una pancia gravida, ma di cui non si sa nulla di più!

Grazie al ritrovamento e allo studio di antiche sepolture sappiamo che la società era pacifica e matrilineare, il ruolo di uomini e donne era paritario poiché le tombe rinvenute sono uguali. Inoltre i defunti non avevano un corredo funebre da portare nell’aldilà perché l’idea del tempo era ciclica: le tombe erano ovali, come uova o di forma accogliente, e su di esse venivano incisi simboli di rigenerazione e acqua vivificatrice (come coppelle, cerchi concentrici con un punto centrale, archi concentrici, serpenti che si attorcigliano, cicli lunari).
Si immaginava una barriera di acqua tra questo mondo e l’altro (che si credeva ad ovest), attraversabile con delle barche… La vita dopo la morte era piacevole, desiderabile.

Nel paese di Torre Pellice non ci sono incisioni rupestri ma nella memoria di qualcuno risiede ancora il ricordo del corteo che portava il pupazzo di una vecchia, immagine femminile che rappresentava la stagione invernale morente: la cerimonia avveniva il 21 marzo e si concludeva con il falò il cui “la veia” veniva gettata (leggi qui il post)

Il tema della religione antica era mistero della nascita e della morte, del rinnovamento della vita non solo umana ma di tutta la terra/natura: senza la fertilità della terra, la vita degli uomini era in pericolo. I segni della dea erano la femminilità, la Luna, l’acqua… tutti elementi che si ritrovano nelle leggendarie fantine.
Ma ci sono anche simboli animali che sono sopravvissuti un po’ in tutte le Valli: il serpente come segno di energia vitale, le cui spire possono rappresentare il sole, la luna o l’occhio. Se velenoso è manifestazione della dea della morte… ricordate la leggenda della Fata Serpente?
L’immagine della dea è anche associata ad un uccello/uccello acquatico… proprio come l’essere misterioso della leggenda del Lago della Carota di Prali.
L’orsa era evocata invece al momento del parto (chissà come mai nell’immaginario quella del Toumpi è rimasta un’orsa e non un orso?).
Infine la scrofa era una rappresentazione di fertilità… forse in suo onore venne raffigurata molto, molto più di recente la Madonna col porcellino?

Se vi ho incuriosito con queste antichissime suggestioni, continuate a seguire le mie avventure: le Valli sono piene di rocce incise che aspettano di raccontarci le loro storie!

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