Il lago del Pra – Bobbio Pellice

Ciao!
Oggi ci troviamo in alta val Pellice e più precisamente alla Conca del Pra, nel comune di Bobbio Pellice, perché proprio qui è ambientata la leggenda più famosa della valle.
Questa leggenda è così bella e suggestiva che si è meritata anche un canto della tradizione popolare della zona.

Clicca play per ascoltare la canzone sulla fata del Pra!

Si narra che un tempo questa conca attraversata ora dal Pellice, che qui è solo un ruscelletto ma che in pianura diventa un affluente del Po, fosse in realtà un profondo e limpido lago di montagna.
Il bellissimo specchio d’acqua era la dimora delle fate del Pra, le quali custodivano gelosamente quel luogo magico.

Eccomi nella conca del Pra, dove un tempo c’era il mitico lago

I pastori della valle erano sempre alla ricerca di nuovi pascoli per il loro bestiame ed un giorno alcuni di loro giunsero sin quassù… Uno spettacolo eccezionale si aprì davanti ai loro occhi: le sponde del lago erano verdissime e i loro animali avrebbero potuto mangiare quell’erba nutriente e dare così un latte molto ricco. Gli uomini decisero quindi di lasciare pascolare lì le loro greggi.
Nel silenzio della conca si udiva il cadenzato suono delle campane delle mucche e, talvolta, si poteva percepire una dolce melodia, triste e struggente… Erano i canti delle fate (dette anche fantine) e gli uomini se ne riempivano le orecchie, pensando a quanto sarebbe stato bello incontrarle.

Le antiche sponde del lago. In effetti, anni fa esisteva realmente un lago poi riempito da depositi

Le fate, al contrario, non erano per nulla felici. Avevano nascosto quel luogo fantastico per lungo tempo e ora che gli umani l’avevano scoperto non si aspettavano nulla di buono, dopotutto gli uomini rovinavano sempre tutto ciò che incontravano sul loro cammino… Le fate si riunirono molte volte, ritirate tra le rocce dove vivevano, per decidere il da farsi.
Solo una di loro non prendeva parte alle discussioni. Era la fantina che abitava sulla roccia più alta e da lassù aveva osservato attentamente gli uomini. Certo, era innegabile che dove i pastori facevano pascolare i loro animali il terreno rimanesse impoverito, sporco, senza fiori e piante medicinali… Ma lei era convinta che in fondo la natura degli umani non fosse malvagia.
Forse la graziosa fata la pensava così perché si era innamorata di un giovane pastore e passava assieme a lui tutta la giornata!

Laggiù c’è la roccia doveva viveva la fata innamorata

Una sera infine il concilio delle fate prese la sua decisione: di lì a tre giorni avrebbero abbandonato il lago del Pra per sempre, ma prima lo avrebbero fatto straripare in modo che nessuno avrebbe mai più potuto godere di quella ricchezza.
La bella fantina corse dal suo amato per avvisarlo e ugualmente fece il pastorello che si mise a correre a rotta di collo giù per i pendii montani fino a giungere in paese e dare l’allarme. Da Bobbio partirono una serie di messaggeri che portarono la notizia in tutte le borgate della val Pellice.

Chissà se passeranno ancora di qua le fantine?

Il giorno della partenza delle fate, pur essendo ancora infuriate con gli uomini, scesero comunque planando su tutta la valle, intonando un terribile canto e gridando: “Scapà, scapà, lou laous dar Pra è quërpa!” (scappate, scappate, il lago del Pra è crepato/perforato).
Un tratto del costone che rinchiudeva il lago era infatti crollato e ora le acque scendevano con violenza su tutto il vallone. Grazie all’avviso delle fate i pochi che ancora non si erano spostati sulle alture, fuggirono mettendosi in salvo e nessuno morì nella catastrofe.

La devastazione lasciata dopo lo straripamento del lago.

Le fate partirono per non tornare mai più, lasciando il Pra come una distesa erbosa senza una goccia d’acqua e aperto sulla valle. La roccia che teneva chiuso il lago rotolò assieme alle acque fino alla pianura e lo possiamo ancora vedere oggi, perché è la Rocca di Cavour!
La piccola fata innamorata non seguì invece le sue compagne… Rimase là, in alto sulla sua roccia, ad attendere il pastorello, il quale ritornò al Pra dopo che la furia delle acque fu completamente esaurita. La fantina rinunciò alla sua natura sovrannaturale per restare con il suo amato, ma il prezzo da pagare fu che nessun altro umano avrebbe mai dovuto vederla. I due passarono felicemente tre anni rinchiusi nella caverna della fata, finché un giorno alcuni cacciatori entrarono nella grotta in cerca di qualche animale… Non appena il loro sguardo si posò sulla fata, ella spirò. Dopo qualche giorno anche il giovane, che non poteva vivere senza la sua amata, morì per la tristezza.

Ecco la rocca di Cavour che una volta conteneva le acque del lago del Pra (veduta dalla borgata Costabella di Angrogna).

Come arrivare qui:
raggiungere il centro abitato di Bobbio Pellice (Torino) attraverso la strada provinciale 161 da Torino/Pinerolo. Proseguire verso il fondovalle in direzione Villanova, imboccando l’omonima via, per 13 km sino al parcheggio in cui lasciare l’auto. Dalla borgata Villanova si può raggiungere la Conca del Pra a piedi o in auto (in questo caso, pagando un pedaggio e rispettando degli orari per la salita e la discesa). Il percorso è costantemente segnalato.

La canzone “Fata del Pra” è stata cantata da Davide Simond.
Grazie mille Davide!

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