Patenti di Grazia – Pinerolo

Oggi sono a Pinerolo per raccontarvi un altro pezzo di storia valdese e come, nel 1655, le vicende dei valdesi divennero una questione internazionale.

Per ordine dei regnanti Savoia, nella primavera del 1655 venne attuata una durissima repressione dei valdesi, che furono massacrati, costretti a convertirsi e cacciati dalle loro terre. Al termine delle ostilità di questo periodo, conosciuto come le Pasque Piemontesi, la corte Sabauda pubblicò un elenco di banditi, nei quali compariva Giosuè Gianavello, che aveva capitanato la resistenza a Rorà durante le repressioni, e il moderatore valdese Jean Léger, entrambi considerati pericolosi ribelli.

Documento con il quale Giosuè Gianavello viene bandito per la prima volta.

 

Nell’aprile di quell’anno Léger partì per Parigi, dove iniziò a scrivere una serie di lettere alle potenze internazionali per raccontare quanto accaduto al popolo valdese e per cercare sostegno.
Il primo a commuoversi per la sorte dei valdesi fu Oliver Cromwell, Lord Protettore del Commonwealth , la repubblica britannica. Il Segretario degli Affari esteri, il grande poeta John Milton, inviò una serie di lettere ai sovrani e ai governi europei. Particolarmente importante fu quella inviata al regnante di Francia, Luigi XIV. Infatti in quella lettera Cromwell minacciava di interrompere le trattative di amicizia se il re francese non avesse agito per far ottenere ai valdesi delle condizioni di tolleranza.

Anche i cantoni svizzeri presero a cuore la questione e inviarono una lettera per chiedere a Carlo Emanuele II un atteggiamento più benevolo nei confronti dei valdesi. Tutte queste pressioni internazionali portarono all’apertura di trattative condotte da un ambasciatore francese, che voleva ottenere le simpatie di Cromwell, insieme alla delegazione sabauda e alla quella valdese guidata dal moderatore Léger. Le trattative si conclusero il 18 agosto 1655 con la firma delle Patenti di Grazia, nelle quali il Duca di Savoia riconosceva ai valdesi la libertà di culto e abitazione nei confini stabiliti in passato, perdonava le loro colpe e garantiva la liberazione dei prigionieri.

Ci fu, però, una clausola firmata solo dall’ambasciatore francese e dai ducali: riguardava la costruzione di un forte in Val Pellice che sarebbe servito a garantire il rispetto del trattato. Questa decisione scontentò la delegazione valdese ma, nonostante le proteste, pochi giorni dopo iniziarono i lavori per la costruzione del Forte Santa Maria a Torre Pellice.

Forte di Santa Maria, Torre Pellice. Disegno Realizzato nel 1663 da Simone Formento e inserito nel Theatrum Sabaudiae, Vol I, tav. 51 – collezione privata.

Con questi presupposti è facile immaginare perché questa pace non fu rispettata e le ostilità tra il ducato e i valdesi ripresero poco dopo per continuare con le azioni di guerriglia di Gianavello e dei suoi in quella conosciuta come la Guerra dei Banditi.

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